Ripubblico volentieri questa breve poesia, scritta da un antico poeta popolare
resiano.
L'avevo trovata, scorrendo tra le pagine della prefazione di un testo dell’illustre
studioso e filologo polacco G. BAUDOUIN DE COURTENAY. In essa, viene descritta, senza artifici ma con molta forza, la condizione
del terreno scarso e ingrato della Vallata, da cui non era possibile ricavare il
necessario per il sostentamento, in quei tempi lontani.
Koj wuna wèrh mi pridowa,
ki pawsorod mi vyduwa,
tje tà nu soe polédnowa,
je màkoj skàla anu rob.
Tje nùtaub dno mi vyduwa,
je màkoj woda ano pròd.
ki pawsorod mi vyduwa,
tje tà nu soe polédnowa,
je màkoj skàla anu rob.
Tje nùtaub dno mi vyduwa,
je màkoj woda ano pròd.
Traduzione tratta dal testo:
Quando ci arrampichiamo sulla sommità,
da qualunque parte guardiamo,
non ci stanno davanti che rocce e burroni.
Guardando giù non si vedono
che acqua, sassi e sabbia.
da qualunque parte guardiamo,
non ci stanno davanti che rocce e burroni.
Guardando giù non si vedono
che acqua, sassi e sabbia.
foto Giovanni Madotto
Nessun commento:
Posta un commento